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Mozione di Restart – Cinque Stelle: “Servono iniziative urgenti per chi rimane senza reddito di cittadinanza”

I consiglieri comunali del gruppo Restart – Cinque Stelle di Licata, hanno presentato una mozione al Comune, con la quale chiedono “iniziative urgenti per sostenere le famiglie private dal reddito di cittadinanza”.

Ecco, per intero, la mozione presentata da Fabio Amato, Viviana Dainotto, Eusebio Vicari, Elisa Cigna, Daniele Cammilleri:

“Premesso che:

con la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023), sono state introdotte radicali modifiche alla disciplina del Reddito e Pensione di cittadinanza (di seguito Rdc e Pdc), introdotto nel 2019 dal Governo Conte I, quali misure di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale

il Governo ha così di fatto abrogato il RdC, una misura di sostegno alle fasce più povere del nostro Paese che ha garantito, a coloro che vivono al di sotto della soglia di povertà, condizioni di vita più dignitose;

in previsione dell’abrogazione a decorrere dal 1° gennaio 2024, per l’anno 2023 sono state previste molteplici restrizioni alle originarie condizioni di accesso, tra cui l’introduzione del limite massimo di sette mensilità e il termine ultimo di erogazione al 31 dicembre 2023;

con il decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, c.d. “decreto Lavoro”, di recente conversione, è stato definito il regime transitorio fino al 31 dicembre 2023, attraverso cui viene ridotta drasticamente la platea dei beneficiari delle misure con strumenti inefficaci per importo e durata nel sostenere la totalità delle persone in povertà assoluta;

la nuova misura di contrasto alla povertà, denominata Assegno di inclusione, è destinata ai soli nuclei familiari con individui in condizioni di fragilità al proprio interno (minorenni, persone con disabilità, persone di almeno 60 anni di età); chi è in condizione di povertà, ma non ha nel suo nucleo soggetti con tali caratteristiche, è escluso dalla misura; non è quindi una misura di contrasto alla povertà, ma un sostegno ad alcune categorie di fragili;

la misura appare inoltre discriminatoria nei confronti dei cittadini stranieri, nonostante le raccomandazioni europee e della giurisprudenza in senso contrario, con la previsione del requisito della residenza in Italia da almeno 5 anni di cui almeno gli ultimi 2 continuativi;

la misura è infine erogata ad intermittenza, con la sospensione di un mese dopo i primi 18 mesi, quindi ogni 12 mesi;

tutto ciò si inserisce in un provvedimento normativo che rischia in realtà di contribuire proprio alla creazione di nuove fasce di povertà, favorendo il lavoro povero e la precarizzazione dei rapporti di lavoro;

rilevato che:

lo scorso venerdì, circa 169mila famiglie hanno ricevuto una comunicazione di sospensione dell’Inps tramite sms;

comunicare la sospensione del RdC attraverso un sms inviato dall’Inps, dimostra tutta l’insensibilità e il disprezzo verso i percettori della misura: a 169.000 beneficiari è stato comunicato che non avrebbero più percepito il RdC in attesa di eventuale presa in carico dei servizi sociali, con la beffa che, per continuare a percepire l’assegno unico per i figli, dovranno presentare una nuova istanza;

la sospensione ha interessato proprio le famiglie con percettori “non attivabili al lavoro” ovvero le fasce più deboli dei beneficiari e meritevoli di tutela;

inoltre la sospensione dell’erogazione consegue non alla carenza dei requisiti, bensì alla mancata comunicazione della presa in carico da parte dei servizi sociali, causa dunque non imputabile in alcun modo al beneficiario che avrebbe il diritto di proseguire a percepire il RdC almeno fino al 31 dicembre 2023;

la sospensione sta generando molte iniziative di protesta e rischia di fare esplodere una “bomba sociale”;

considerato che:

il Governo in questi mesi non ha assunto alcuna iniziativa e attività diretta a garantire che i servizi sociali gestiti dai comuni e i centri per l’impiego fossero in grado di gestire la presa in carico di decine di migliaia di persone;

secondo i dati forniti dalla Cgil e dal presidente dell’ordine degli assistenti sociali, mancano almeno 15.000 assistenti sociali, sui 30.000 totali che sarebbero necessari a livello nazionale, per raggiungere il livello essenziale di prestazioni sociali di un assistente sociale ogni 5.000 abitanti, con enormi differenze territoriali, secondo i dati dello stesso Ministero del lavoro;

le famiglie interessate sono state lasciate al loro destino con una comunicazione incerta e confusa: tanto coloro che pensano di potere rientrare fra i fragili, meritevoli di una presa in carico da parte dei servizi, quanto quelli che aspirano al sostegno promesso per l’occupazione, che in ogni caso entra in vigore in ritardo rispetto allo stop del RdC di almeno un mese e per il quale non sono ancora state attivate le procedure per poterne usufruire. Per non parlare di tutti nuclei esclusi per ragioni economiche, in ragione dell’abbassamento delle soglie di accesso alla nuova misura;

questa incertezza causa una pressione nei confronti dei comuni, per i quali non sono stati previsti strumenti finanziari e risorse umane aggiuntive per i Comuni che, oggi, non sono in grado di fronteggiare attraverso i propri servizi sociali il “disastro sociale” creatosi a seguito del venir meno dell’unica fonte di sostentamento per molti nuclei familiari;

il Governo nazionale sta scaricando l’onere sui Comuni, ma è evidente l’impossibilità per i Comuni a far fronte all’emergenza, in quanto privi di risorse e di personale per permettere ai servizi sociali di prendere in carico le persone e di comunicare la presa in carico all’Inps;

sono proprio i sindaci tra i più seriamente preoccupati poiché la notizia dell’sms che annuncia lo stop al RdC a partire dal mese di agosto per oltre 37 mila famiglie siciliane sta già creando una situazione di apprensione di cui gli stessi primi cittadini sono i primi destinatari;

la sospensione del RdC rischia altresì di provocare ulteriori ripercussioni negative nell’economia dei piccoli e medi esercizi commerciali, verosimilmente privati delle entrate che, seppur ridotte, i percettori del RdC comunque garantivano;

la Sicilia è tra le Regioni in cui le sospensioni del RdC sono più numerose, dal momento che, complessivamente, in base ai dati dell’Inps, con oltre 37.600 stop al reddito, risente di più del passaggio al supporto alla formazione e all’assegno di inclusione;

nel Documento di Economia e Finanza Regionale 2024-2026 non c’è alcun riferimento ai percettori siciliani del RdC, fatta eccezione per uno stringato cenno alle donne destinatarie del RdC, laddove si intende promuovere la loro partecipazione al mercato del lavoro;

ritenuto che:

secondo le ultime stime di Eurostat, in Italia il rischio di povertà è crescente e di particolare gravità: attualmente ci sono circa 14.9 milioni di individui che si trovano in una situazione di esclusione sociale, ovvero che hanno difficoltà ad accedere all’acquisto di beni primari, tra cui un’abitazione adeguatamente riscaldata e una dieta bilanciata, e tra questi sono 5.6 milioni i poveri assoluti;

la povertà è un fenomeno complesso che necessita di un approccio adeguato e non ideologico, tenendo in debita considerazione tutti gli elementi che concorrono a determinare la situazione sociale in cui una persona o un nucleo familiare si trovano;

il 14esimo principio del Pilastro europeo dei diritti sociali stabilisce che “chiunque non disponga di risorse sufficienti ha diritto a un adeguato reddito minimo che garantisca una vita dignitosa in tutte le fasi della vita”;

quest’anno il Consiglio (30 gennaio 2023) e il Parlamento (15 marzo 2023) dell’Unione Europea hanno adottato delle raccomandazioni con cui sollecitano gli Stati membri ad istituire tale strumento come “parte integrante di sistemi nazionali di protezione sociale completi e basati sui diritti”, prevedendo, tra gli altri: i) che il reddito minimo sia adeguato sia nel suo ammontare che nella platea di beneficiari raggiunta; ii) che i criteri di ammissibilità siano trasparenti e non discriminatori; iii) che sia garantita la continuità dell’accesso al reddito minimo fintanto che sussiste la condizione di necessità che ha dato diritto al beneficio;

il RdC ha rappresentato un cruciale strumento per la lotta contro la povertà nelle sue diverse forme, senza il quale, come attestato da ISTAT, in Italia ci sarebbero stati circa 1 milione di poveri in più;

nondimeno il RdC si è posta quale aiuto per il contrasto al lavoro nero, ma anche strumento sociale di contrasto alla criminalità – che agisce e opera dove trova manovalanza a basso costo per effettuare le operazioni di spaccio, e non solo, posto che le mafie trovano sostegno nel degrado e nella povertà – nonché misura sanitaria ovverosia un investimento (anziché un costo) in termini di salute;

valutato che:

nella terza relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) del 31 maggio u.s., alla sezione II, investimento 1.1, si specifica che l’obiettivo del potenziamento dei centri per l’impiego (CPI) è consentire un’efficace erogazione di servizi per l’impiego e la formazione, in via complementare rispetto alla riforma delle politiche attive e della formazione definita nel Programma GOL “Garanzia per l’occupabilità dei lavoratori”;

si ricorda che il programma nazionale GOL ha una dotazione di 4,4 miliardi di euro e si pone l’obiettivo di rendere più efficiente il sistema delle politiche attive del mercato del lavoro attraverso servizi specifici per l’impiego e piani personalizzati di attivazione (in particolare, reinserimento lavorativo, upskilling, reskilling, lavoro e inclusione, ricollocazione collettiva). La riforma prevede che, per la fine del 2025, almeno tre milioni di beneficiari partecipino al programma GOL e che 800.000 di questi siano coinvolti in attività di formazione professionale (di cui 300.000 in formazione di competenze digitali);

GOL prevede quindi il Piano per le nuove competenze e il potenziamento dei Centri per l’Impiego (600 milioni di euro). Delle risorse menzionate, alla Regione Siciliana sono stati assegnati 474 milioni complessivi;

con riferimento al potenziamento dei Centri per l’impiego (CPI), entro fine 2022 era previsto il completamento per almeno 250 CPI di almeno il 50 per cento delle attività rientranti nei Piani regionali di rafforzamento dei CPI in linea con il Piano straordinario di potenziamento dei centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro, adottato con D.M. 74/2019 successivamente integrato e modificato dal D.M. 59/2020 (M5C1-6);

un secondo aggiornamento dei Piani regionali è inoltre previsto entro il primo semestre 2023 in relazione al riparto degli ulteriori 200 milioni di euro destinati dal PNRR al potenziamento dei CPI e sebbene il termine sia scaduto, non se ne ha ancora notizia alcuna;

il PNRR investe importanti risorse nel potenziamento delle politiche attive del lavoro per le quali sarà necessario assumere maggiori unità nei centri per l’impiego;

l’investimento 1.1 sviluppa le previsioni del Piano nazionale (decreto del Ministro del lavoro n. 74 del 2019 e n. 59 del 2020) e si pone l’obiettivo del rafforzamento dei servizi pubblici per l’impiego, evidentemente strumentali anche all’attuazione del nuovo AdI;

è quindi evidente la perdurante necessità di procedere ad un potenziamento dei CPI sia attraverso la crescita in forma stabile della base professionale dei servizi, per un raddoppio degli organici in linea con gli standard europei, sia con l’ammodernamento delle strutture;

a fronte della necessità di personale qualificato all’interno della PA, legata alle riforme da attuarsi nel quadro del PNNR – ed in particolare per l’attuazione del Programma GOL – sarebbe paradossale non valorizzare risorse umane già formate, su cui si è ampiamente investito, da impiegare immediatamente secondo utilità;

impegna il Sindaco e la Giunta:

a fornire a Governo e Parlamento la propria testimonianza in qualità di presidio territoriale e amministrativo sulle drammatiche conseguenze di una scelta che, oltre a mettere in ginocchio le strutture di assistenza sociale, rischia di riportare centinaia di migliaia di persone nel baratro dell’indigenza;

ad attivarsi con le forme e le modalità che riterranno opportune, anche attraverso il coinvolgimento dell’ANCI, per chiedere al Governo e al Parlamento di rivedere il proprio orientamento in merito al RdC, al fine di:

ripristinare l’erogazione del RdC, evitando così il diffondersi delle proteste e il rischio di episodi di violenza ovvero, in subordine, differire immediatamente la sospensione dell’erogazione del RdC, poichè ad oggi nessuna struttura dei servizi sociali del Comune è in grado di prendere in carico un numero così alto di persone in disagio sociale, così come i CPI non sono in grado di sostenere e gestire il patto di servizio personalizzato per avviare al lavoro coloro a cui sarà sospesa tale misura;

istituire un tavolo tecnico con tutti gli attori istituzionali coinvolti, al fine di prevenire nel prossimo futuro e gestire nell’immediato la situazione di “disastro sociale” in cui si trovano Comuni e nuclei familiari coinvolti dalle vicende citate in premessa;

prevedere, nel disegno di legge di bilancio 2024-2026, il potenziamento, in termini di risorse umane ed economiche, dei servizi sociali comunali;

garantire la più celere attuazione della Componente M5C1 del PNRR e, in particolare, il completo investimento 1.1, relativo al potenziamento dei CPI, al fine di consentire un’efficace erogazione di servizi per l’impiego e la formazione degli operatori, in un rapporto di stretta complementarità con la riforma definita nel Programma Gol”.

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