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Fipe e Sib: “L’Italia faccia come la Germania, subito 15.000 euro per le piccole imprese”

“Oggi milioni di donne e uomini, il cosiddetto “Popolo delle partite Iva”, che non hanno altro reddito se non quello proveniente dal loro lavoro, sono praticamente abbandonati al proprio destino. Nonostante il web sia inondato da appelli, grida d’aiuto e di sfoghi disperati dei tanti che non ce la fanno più, chi ci governa ed amministra non sembra rendersi conto della reale gravità della situazione”.

Lo scrivono Giovanni Morello ed Angelo Biondi, rappresentanti rispettivamente di Fipe Confcommercio e Sindacato Italiano Balneari.

“Il governo nazionale annuncia – scrivono – aiuti diretti (le famose 600 euro) dagli importi ridicoli ed offensivi e misure di sostegno che tardano ad arrivare e che nella maggior parte sono slittamenti di scadenze fiscali e nuove esposizioni bancarie. Il governo regionale nella recente finanziaria ha stanziato 150 milioni di euro per contributi a fondo perduto per dare liquidità alle partite iva e alle micro e piccole imprese siciliane. E’ sicuramente un segno d’attenzione, ma di scarsa incidenza tenuto conto che dovrà essere diviso fra le oltre 100.000 partite IVA, presenti in Sicilia. A livello comunale, poi, si inneggia per il semplice fatto di avere rinviato il pagamento di alcuni tributi locali o cancellato la Tari per i mesi di chiusura e per quello immediatamente successivo delle attività costrette ad abbassare le saracinesche a seguito del decreto del presidente del consiglio. Misura tra l’altro rimborsata da un apposito trasferimento regionale. E che dire di chi pensa che basta consentire l’uso gratuito del suolo pubblico permettendo a qualche esercizio di mettere dei tavolini all’aperto per considerare risolto il problema”.

“Le istituzioni e la politica, ad ogni livello, si convincano – aggiungono Biondi e Morello – che oggi non sono chiamate ad affrontare un’improvvisa crisi di mercato o una delle cicliche calamità naturali, ma un cataclisma socio economico di proporzioni bibliche. Così straordinario da sembrare pura fantascienza e che per essere fronteggiato necessita di “buttare il cuore oltre l’ostacolo” mettendo in campo misure altrettanto straordinarie, mai pensate o varate prima. Scusateci se non battiamo le mani o non facciamo i salti di gioia agli annunci dei provvedimenti finora posti in essere. Non è per essere ingrati, ma perché non li riteniamo bastevoli ad impedire la chiusura per fallimento di molte piccole e piccolissime imprese. Non sono certo aiuti da disprezzare, ma è come curare un malato gravissimo con una semplice aspirina o come supporre che consentire l’asporto e le consegne a domicilio possono far sopravvivere un’azienda. Nei più dei casi lo si fa per pura disperazione o per testimoniare di essere ancora in vita”.

“Noi, non essendo esperti di sanità pubblica, non ci permettiamo – concludono i rappresentanti si Fipe Confcomercio e Sib – di dire che bisogna riaprire ad ogni costo rischiando, come ci ripetono alcuni eminenti virologi, una ripresa dell’epidemia. Però, permetteteci di dire basta a proclami, patenti di merito con relative polemiche al seguito per rivendicare provvedimenti che in proporzione alla catastrofe che stiamo vivendo risultano essere dei pannicelli caldi. Per salvare la numerosa e variegata rete della piccola impresa italiana bisogna fare quanto è stato fatto dalla Germania e dalla Svizzera, dove, senza indugio e alchimie burocratiche, sono stati versati a fondo perduto, direttamente nei conti correnti delle piccole imprese, ben 15.000 euro pro-capite. E’ questo il tipo di risposta che chiediamo, l’unica che ci può dare la speranza e la forza di affrontare i tanti mesi bui che ancora ci separano dalla fine di questo incubo”.

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