Cani avvelenati, i diportisti del porto turistico: “Fermate la strage o i turisti diserteranno Licata”

Tra i più colpiti dalla strage di cani randagi consumata negli ultimi giorni a Licata ci sono i diportisti.

Si tratta di una comunità composta da alcune decine di persone che provengano da Italia, molti stati europei, dagli Stati Uniti d’America e dall’Australia. Trascorrono buona parte della loro esistenza sulle barche ed hanno scelto di passare molti mesi all’anno nel porto turistico “Marina di Cala del Sole”. Qui si trovano benissimo, ma quanto accaduto negli ultimi giorni con i randagi li ha molto provati. Quasi tutti, infatti, hanno degli animali ai quali sono molto affezionati.

Grazie alla preziosa collaborazione di Mara Collura, che ha fatto da interprete, nella yachting del porto turistico, abbiamo intervistato due diportiste: la svedese Iill Brodin e la tedesca Claudia Blume.

Quest’ultima, tra l’altro, ha ribadito che “quanto accaduto si sta diffondendo rapidamente tra chi ama il mare e molti non intendono più venire a Licata se la strage non si ferma”.

Ed ecco la proposta: “in Germania, Austria e in Svizzera – aggiunge Claudia Blume – paghi per un’adozione. Viene anche pagata una tassa per i cani. Si potrebbe partire da un programma di sterilizzazioni gratuito. C’è anche il crowdfunding per aiutare a finanziare il costo del veterinario ed il rifugio per gli animali. Il veleno – conclude la diportista tedesca – potrebbe essere pericoloso anche per le salute dei bambini. La morte tossica è crudele. Nessun animale indifeso merita di morire in quel modo”.

Nelle foto in basso Ben e Maya, due randagi ai quali i diportisti erano molto affezionati, uccisi con le “polpette avvelenate” negli ultimi mesi. 

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