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Lo sbarco alleato

Storie

“Sparate traditori”, Zangara rivela la resistenza di un ufficiale durante lo sbarco Alleato

Tra due giorni sarà il 25 aprile, giorno in cui si celebra la Liberazione dell’Italia dai nazi – fascisti. Un giorno importante, che sancisce la fine del regime ed “accompagna” verso il ritorno alla pace, dopo i devastanti anni della Seconda Guerra Mondiale.

A Licata, di fatto, la guerra è finita con due anni di anticipo, considerato che la nostra è stata la prima città liberata, grazie allo sbarco Alleato del 10 luglio 1943. Dell’operazione “Husky” si sa tutto, o quasi. Ma è avvolto ancora nel mistero il ruolo dell’esercito italiano che, soprattutto sulle spiagge di Licata, resistette fino a quando fu possibile. Ma si trattava di poche centinaia di uomini che dovevano contrastare i 160.000 soldati Alleati.

La storica Carmela Zangara, che ormai da diversi anni studia incessantemente e riporta alla luce molti episodi sconosciuti della Seconda Guerra Mondiale (fondamentale, tra le altre cose, quanto ha fatto per ricostruire le storie dei partigiani siciliani) ha ricostruito la resistenza dei militari italiani sulla spiaggia di Mollarella, rivelando episodi inediti dopo quasi 80 anni da qui giorni.

Ci ha inviato un’importantissima ricostruzione di quanto accade la notte del 10 luglio 1943 sulla spiaggia di Mollarella e noi siamo ben lieti di pubblicare il suo scritto.

Eccolo:

“Nei giorni della Liberazione vorrei ricordare un episodio emblematico del prezzo pagato alla liberazione anche dai soldati italiani. Ci riferiamo in particolare ad un episodio avvenuto a Mollarella-Poliscia dove furono affondati diversi “zatteroni”. Con questo nome si indicavano  i mezzi navali Usa più piccoli (11 metri circa) adibiti al trasporto di  truppe e materiali –  in linguaggio tecnico LCVP ( Landing Craft Vehicle Personnel) l’equivalente americano dell’LCA inglese, chiamati anche  Higgins Boat dal nome del costruttore. Costruiti in compensato con fondo piatto disponevano a poppa di una rampa di acciaio per il carico e principalmente lo scarico dei soldati e potevano trasportare un plotone al completo o una Jeep.  Facevano la spola tra le navi al largo e la riva dove – una volta giunti –  si arenavano temporaneamente sotto la copertura di  due mitraglieri per lo scarico di uomini e materiali, per poi disincagliarsi e riprendere il largo per nuovo carico.

Dei sei affondati Licata alla Poliscia riportiamo due testimonianze.

….Dalla postazione di ponente giungeva il grido selvaggio di un militare:

 “Sparate traditori.”

Ma l’unico sparo era il suo.

E l’urlo rabbioso si ripeté più volte e sempre con maggiore accanimento. E intanto dalla postazione sullo scoglio cadevano bombe sul mare. E dal mare i cannoni rispondevano al fuoco. Per circa un’ora, il soldato – un tenente di Palermo – si difese gridando e sparando. Poi più nulla.

Sono le testuali parole  del signor Domenico Faraci che dodicenne assistette dall’arenile della baia di Mollarella allo sbarco della Joss Force. Episodio confermato dal  signor Salvatore Giarrizzo.

Alla postazione sopra lo scoglio tra la Poliscia e Mollarella, c’era un tenente, amico di mio padre…..Era un fascista convinto. Fu lui la sera dello sbarco a resistere…..anche lui dodicenne, anche lui testimone diretto della vicenda trovandosi in contrada Poliscia.

Erano le prime ore della notte del  10 luglio del 1943 quando agli occhi dell’esterrefatto tenente – in servizio nella postazione allocata nella casamatta Di Bilio – apparve – nel mare prima buio illuminatosi all’improvviso – l’immenso, minaccioso schieramento navale della 3 Divisione Usa. Già i  Dukw sfrecciavano veloci per trasportare a riva i Rangers del 15° reggimento fanteria della 3^Divisione  di Truscott.

Malgrado l’impari sproporzione di forze,  sapendo bene da buon ufficiale che da quel posto di frontiera sarebbero dipese  le sorti dell’invasione, ingaggiò un vero e proprio attacco di fuoco sputando senza sosta granate dalle artiglieria di posizione di cui era dotato contrastando senza sosta lo sbarco.

…L’ho sentito gridare minacciando gli altri soldati della postazione. Dava loro l’ordine di sparare.

Per un po’ si sentirono diversi spari. I soldati stavano eseguendo gli ordini. Poi gli spari cessarono e solo il suo urlo disperato echeggiava come una staffilata nel buio:

“Traditori. Sparate.”

Ebbene in quella  prima linea sulla base dell’elenco degli ufficiali catturati a Mollarella non ci furono  i “traditori” se è vero che le truppe d’assalto non appena misero piede sulla battigia, sotto  protezione dell’artiglieria navale,  puntarono a neutralizzare le forze nemiche più vicine al mare: un  plotone di fucilieri della 1^ compagnia del 390° battaglione  costiero- allocato su Punta Colonne- uno dei quattro Punti di osservazione (P.O.C.) di Licata  che -insieme a Poggio di Guardia, Torre di Gaffe, Torre S. Nicola – era stato istituito dal Re il 30 novembre del 1941 in occasione della visita ad Agrigento durante la quale  effettuò un’ispezione delle truppe della 207 Divisione costiera dislocate nei cento chilometri di costa tra Sciacca a Licata.  Tant’è che….

…Per un po’i fucilieri  risposero al fuoco,  poi più niente….Il comandante del plotone, sottufficiale  Marino Aldo, era stato fatto prigioniero e chissà forse  anche i suoi uomini avevano fatto la stessa fine o erano  caduti se poi sulla spiaggia si trovarono i corpi (testimonianza Urso Maria….. La luce del sole ci rivelò lo spettacolo giù a valle. Nella spiaggia e nei terreni di Mollarella c’erano carri armati, soldati e zatteroni dappertutto. E sparsi qua e là – così dicevano gli adulti – tanti cadaveri derubati e spogliati di tutto….)

Alla Caduta era anche un’altra  postazione con un obice da  100/22 17 Mod. 14/19  appartenente alla 2^  batteria del 209° gruppo del 6° Rgpt. del XVI C. d’A. Divisione Livorno comandato dal tenente  Rossari Gaudenzio, anche lui – dagli atti – risulta catturato.

Una volta aperta la breccia i Rangers avrebbero dovuto trovarsi sotto il fuoco di un semovente Fiat Ansaldo M42M da 75/34 del 445° gruppo artiglieria della Guardia di Frontiera – allocata nelle case Mulé – anche questozittito verosimilmente dai parà dell’82^ aviotrasportata – (Testimonianza Marchì …Noi eravamo nella grotta dei Mulé…..Si vedevano soltanto le luci nel mare. Poi, nel buio fitto emersero alcuni soldati. Camminavano in fila indiana nel viottolo sottostante, avevano sulle spalle qualcosa di ingombrante. Da dove fossero sbucati non sapevamo. Certamente erano stati paracadutati dal cielo perché dal mare non era ancora iniziato lo sbarco)– che dalla vicina grotta Mulè passarono alla postazione prendendo alle spalle – e catturando – i due sottufficiali comandanti  Grasso Domenico e Pantellaro Gioacchino.

Intanto il tenente  all’estremità opposta, continuava a sparare dalla sommità  di Capo Sella Mollarella da dove poteva dirigere i suoi attacchi su entrambe le due contigue baie di Mollarella e Poliscia. E allorché il silenzio intorno gli rivelò a chiare lettere  che era rimasto da solo a combattere il  nemico la … sua accanita, solitaria resistenza – non si fermò, anzi –  durò ancora a lungo…

… Sa quante imbarcazioni affondò? Di sei posso testimoniare. Due sono ancora visibili nel tratto di costa della Poliscia…

Lì l’indomani non c’era più. Non lo trovammo. Se fosse morto sarebbe rimasta una qualche traccia. Per me non è neanche morto.

Casualmente qualche giorno fa – durante un ricerca – mi sono  imbattuta nel carteggio degli ufficiali  prigionieri di guerra dell’esercito italiano e qui con mia grande sorpresa  ho trovato il nome del militare e degli altri tre.

Costui non era un tenente ma un capitano della 207^ Divisione costiera, comandante la 211^ Compagnia mitraglieri da posizione del XII Raggruppamento artiglieria, di stanza a Mollarella si chiamava Candela Luigi di Palermo, l’unico ufficiale maggiore dei quattro, l’unico catturato a Mollarella di cui non è precisato la posizione esatta mentre degli altri quattro è specificata il luogo di cattura: Marino e Rossari a Pizzo Caduta,  gli altri due a Case Mulé. Pertanto sullo scoglio doveva esserci il Capitano Candela preso per ultimo.

.. L’indomani salii sullo scoglio e lungo la salita vidi due morti. Erano due militari americani che avevano tentato di salire a piedi sullo scoglio per prenderlo vivo. Ma non ce l’avevano fatta.

Non si era arreso, aveva continuato a lottare  freddando lungo la salita verso la grotta, due dei fanti Usa  che stavano procedendo alla sua cattura. Preso vivo si è avviato verso i campi di prigionia pagando il prezzo alla liberazione dal fascismo come altri 3  Capitani, un Maggiore, 31 tenenti, 63 sottotenenti e 4 ufficiali  della Milmart catturati tutti nella zona di Licata durante le azioni del 10 luglio 1943.

Di questa solitaria, decisa  resistenza rimangono i resti insabbiati degli zatteroni per anni visibili con la bassa marea sulla spiaggia della Poliscia – adesso in parte rimossi come  ha affermato il maresciallo Farruggio della Guardia costiera di Licata – importanti reperti documentari della difesa della VI Armata di Guzzoni all’invasione alleata in  Licata”.

Carmela Zangara 

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