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Quest’anno niente corse di Sant’Angelo, Scuderi: “E’ sbagliato, sono segno d’amore per il patrono”

Vincenzo Scuderi, docente, autore di numerosi libri e di teatro, e autore di “Missione e martirio di Sant’Angelo” e della rappresentazione presso il santuario nell’agosto scorso, sulla spiritualità del santo patrono, interviene sulla scelta di non dare vita, in occasione del ritorno della processione di Sant’Angelo dopo due anni di stop forzato a causa del Covid 19, alle tradizionali corse dell’urna del santo.

Vi proponiamo il suo intervento:

“Nell’ambito del massimo rispetto che ho verso le istituzioni religiose e non, che hanno deciso che non debba farsi la corsa, oramai secolare, dell’urna di Sant’Angelo durante la processione delle reliquie per le vie della città, come comune, devoto licatese, di là di quelle che possano essere le motivazioni, le ragioni, spirituali, tecniche, di cautela e di conservazione delle stesse reliquie, ritengo che il nostro Santo Patrono, non avrebbe disdegnato ricevere, anche quest’anno, l’entusiasmo che trascina con sé l’amore, la devozione, l’allegria, il coinvolgimento della corsa in determinate zone storiche della città.

A modesto parere di chi scrive, a chi non piacerebbe essere preso per le braccia e portato dai propri concittadini con fervore, di corsa in trionfo, in gran festa, con esultanza, canti, urla di gioia, in segno di amicizia, di devozione, fraternità?

Se è gradito da vivi…

Sono sicuro che Sant’Angelo, considerato da sempre, nostro fratello vivente, uno di noi licatesi, non soltanto un Santo Protettore che sta perennemente sopra un altare, ne ha sempre gioito, con probabilità, perfino sorriso di cuore, magari divertito, per essere stato portato per brevi tratti, di corsa, in determinate vie, accompagnato dall’entusiasmo, dalla passione, dalla concitazione, dimostrazioni, anche queste, d’affetto dei suoi fedeli cittadini.

La corsa è anche segno d’amore e venerazione verso il Santo Patrono e si completa con le altre esternazione di fede popolare; smorzare tale fervore durato secoli, spiace al comune sentire; magari poteva ridursi in un solo tratto, quello più significativo della città.

Forse, una riflessione, una considerazione in più, in questo senso, poteva essere fatta, non conoscendo le motivazioni, sicuramente prudenziali, che ne hanno fondato tale divieto”.

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