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Il documento del Fondo Antico

Storie

Oltre 400 anni fa i pirati deportavano i licatesi e li vendevano come schiavi, ma la città li riscattava

C’è stato un tempo a Licata in cui le incursioni barbaresche (la più famosa è quella dell’11 luglio del 1553 quando la flotta di Mohamed Dragut riuscì a prendere la città e la mise a ferro e fuoco per 8 giorni, deportando buona parte degli abitanti e uccidendone molti altri) erano all’ordine del giorno ed a farne le spese erano soprattutto gli uomini giovani, in buone condizioni di salute, e le donne. Venivano infatti deportati per essere venduti come schiavi sui mercati del nord Africa.

Bene, la breve storia che stasera ha raccontato (pubblicandola sulla propria pagina Facebook) il Fondo Librario Antico di Licata, curato da Angelo Mazzerbo e nel quale lavora anche Concetta Domicolo, è datata 9 febbraio 1589, dunque risale a ben 429 anni fa.

E’ un atto dei giurati di Licata (gli odierni amministratori del Comune) i quali decidevano di pagare un “riscatto” per far tornare a Licata tre fratelli che erano stati deportati dai pirati e messi in vendita, come schiavi, ad Algeri.

“I giurati (amministratori): Giovanni Pietro Di Cali’, Pietro Di Anello, Francesco Serravilla (Serrovira), Sebastiano De Avila, della Universitas (Comune) di Licata, autorizzano il tesoriere Leonardo De Servo – si legge nell’atto che è stato ritrovato al Fondo Librario Antico e pubblicato questa sera – al pagamento di onza una in favore di…della città di Palermo, come donazione (elemosina) per il riscatto dei fratelli…schiavi (è scritto scavi) nella Città di Algeri”.

“Il mandato di pagamento – si conclude il post del Fondo Librario Antico -è controfirmato (in basso dopo i nomi dei giurati) dai notai Carlo Labiso (Alabiso) e Matteo De Iudice (Iudice o Lo Giudice)”.

Il Fondo titola il post in una maniera che noi riteniamo significativa ed appropriata: “Quando gli schiavi eravamo noi”.

 

 

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