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Ruspe al lavoro per demolire

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Decisioni di Tar e Cga: non saranno demolite case nelle contrade Canticaglione e Montesole

Il Tribunale amministrativo regionale (Tar) ed il Consiglio di giustizia amministrativo (Cga) hanno sospeso la demolizione di alcuni immobili ricadenti nel territorio di Licata.

Ecco i dettagli: con due ordinanze, datate 26 luglio 2018, il Cga per la Regione Siciliana, in sede di riesame cautelare e ribaltando la contraria decisione del Tar, ha sospeso bloccandole, le demolizione di fabbricati siti in contrada Canticaglione. Tutto è iniziato negli anni scorsi, quando due coppie di coniugi sanarono, con il terzo condono, gli immobili di loro proprietà posti nella fascia dai 150 ai 300 metri dal mare.

“All’epoca (nel 2006/2007) il Comune di Licata – si legge in una nota diffusa dall’avvocato Luigi Ciotta che ha assistito i ricorrenti – denegò le istanze di sanatoria rigettando, di seguito, le richieste di riesame avanzate dai proprietari nonostante i pareri sopravvenuti (dal 2010 in poi) resi in sede consultiva dal Cga quanto alla sanabilità delle opere poste in zone di inedificabilità relativa, alla condizione che intervenisse il nulla osta da parte dell’autorità preposta al vincolo. Nonostante la proposizione di ricorsi al Tar da parte degli interessati, il Comune di Licata, dipartimento Territorio ed Ambiente, sulla scorta del protocollo d’intesa intervenuto con la Procura della Repubblica di Agrigento, e nonostante la pendenza dei ricorsi, ha ritenuto di dover inserire anche tali immobili nell’elenco di quelli da demolirsi, preannunciandone l’abbattimento a partire dal marzo scorso e denegando le richieste di riesame delle pratiche edilizie da parte degli interessati”.

Il Tar ha rigettato le istanze dei proprietari degli immobili, il Cga le ha accolte.

“Il Cga di Palermo ha disposto – si legge ancora nella nota – l’immediata sospensione delle demolizioni ritenendo necessario che “…le questioni di diritto, sottoposte alla valutazione del Collegio, richiedono un approfondimento proprio della fase di merito”, rimettendo gli atti al Tar. Per tal via, il Cga, mutando l’orientamento espresso in precedenti sue pronunce, ha sostanzialmente posto l’esigenza di verificare, prima di procedere ad indiscriminate demolizioni, la possibile sanabilità del manufatto. In pratica non ha accolto le difese del dipartimento Territorio e Ambiente del Comune di Licata secondo cui, una volta disposta la demolizione del manufatto ed acquisito lo stesso al patrimonio comunale, comunque le pratiche non andavano riesaminate e si sarebbe potuto procedere alla demolizione dei fabbricati nonostante il parere solo di seguito espresso dallo stesso Cga, ma diversamente, accogliendo la tesi della difesa dei proprietari, ha ritenuto di rivedere preventivamente tali vicende così sospendendo l’attività demolitiva preannunciata”.

Il Tar, invece, si è pronunciato sul ricorso presentato da una donna licatese di 76 anni, assistita dall’avvocato Girolamo Rubino.

“La signora – si legge in una nota diffusa dall’avvocato Rubino – nel 2001 aveva ottenuto una concessione edilizia in sanatoria avente ad oggetto l’opera costituita da un piano terra ad uso residenziale sita nella contrada Montesole; nel provvedimento, l’amministrazione comunale richiamava il contenuto delle note a mezzo delle quali la competente Soprintendenza ai beni culturali di Agrigento aveva dichiarato la compatibilità delle opere oggetto del procedimento di sanatoria dettando quattro prescrizioni. L’amministrazione comunale – si legge ancora nella nota – nel provvedimento di concessione edilizia in sanatoria fissava un termine di tre anni per la realizzazione dei lavori indicati nelle note della soprintendenza, avvertendo che la mancata esecuzione dei lavori avrebbe comportato la revoca della concessione in sanatoria. La titolare della concessione in sanatoria non potè ottemperare nei termini assegnati alla prescrizioni imposte a causa di un contenzioso promosso innanzi al Tribunale di Agrigento dai proprietari di un fondo limitrofo; pertanto la stessa richiedeva al Comune di Licata una proroga così manifestando l’intenzione di addivenire alla realizzazione delle opere prescritte. Ma il comune di Licata nel 2011 rigettava l’istanza di proroga, disponendo la revoca della concessione edilizia in sanatoria già rilasciata nel 2001”.

“La titolare della concessione in sanatoria – aggiunge l’avvocato Rubino -ha allora proposto un ricorso davanti al Tar Sicilia contro il Comune di Licata, lamentando la mancata comunicazione preventiva di avvio del provvedimento di revoca, ed il difetto di motivazione in ordine all’interesse pubblico sotteso all’adozione del prefato provvedimento di revoca ed al contemperamento operato tra questo ed il sacrificio imposto al privato titolare della concessione. Nel corso del giudizio la ricorrente ha proposto motivi aggiunti di ricorso, al fine di impugnare i provvedimenti consequenziali nelle more adottati dal Comune di Licata (ordinanza di demolizione, inottemperanza alla demolizione, demolizione d’ufficio). Già in sede cautelare il Tar Sicilia, Palermo, Sezione prima, aveva accolto la richiesta di sospensiva avanzata dal legale della donna, ritenendo la fondatezza delle censure formulate; da ultimo, esaminando il merito della controversia, il Tar, ha accolto il ricorso annullando i provvedimenti impugnati, condividendo i motivi di ricorso secondo cui i provvedimenti di secondo grado concretanti esercizio della cosiddetta autotutela decisoria debbono essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, venendo ad incidere su posizioni consolidate del privato, e secondo cui  la manifesta carenza motivazionale circa le prevalenti ragioni di interesse pubblico da tutelare inficia irrimediabilmente la validità del provvedimento impugnato con l’atto introduttivo, e travolge per illegittimità derivata i provvedimenti consequenziali impugnati con i motivi aggiunti di ricorso. Per effetto della sentenza resa dal Tar la signora licatese manterrà – si conclude il documento – l’immobile sito in contrada Montesole mentre il Comune di Licata dovrà provvedere alla refusione del contributo unificato alla ricorrente”.

 

 

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