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Controlli dei carabinieri

Cronaca

Blitz “Halycon”, gli inquirenti: “Documentate relazioni tra cosa nostra agrigentina e catanese”

Emergono nuovi dettagli sull’operazione “Halycon” condotta all’alba di oggi dai carabinieri del Ros e da quelli del comando provinciale di Agrigento e della compagnia di Licata.

“L’indagine ha preso spunto dalle qualificate dinamiche relazionali ultra provinciali documentate dal R.O.S. – si legge nel comunicato stampa del comando provinciale di Agrigento – che vedevano protagonisti da una parte il noto capomafia (ritenuto all’epoca al vertice della famiglia di Caltagirone) ed i suoi accoliti e dall’altra alcuni esponenti mafiosi licatesi capeggiati da Giovanni Lauria. Dette dinamiche, che attualizzavano i solidi e risalenti legami esistenti tra cosa nostra agrigentina e quella catanese, erano nel caso di specie prodromiche all’infiltrazione dei lavori relativi alla realizzazione di un importante complesso turistico alberghiero e alla demolizione di immobili abusivi nel Comune di Licata. Nello specifico – scrive ancora l’Arma – le riunioni di Lauria e dei suoi più fidati sodali con gli esponenti della famiglia mafiosa di Caltagirone, sono state dettagliatamente documentate dal R.O.S. e hanno sin da subito assunto una rilevante valenza investigativa anche in riferimento al coinvolgimento di S. S., esponente mafioso di indiscussa importanza che, attualmente sotto processo perché ritenuto al vertice della famiglia mafiosa di Caltagirone e mandante di un duplice efferato omicidio commesso il giorno di Pasqua del 2015 a Raddusa, ha già subito delle condanne definitive in quanto individuato – tra le altre cose – come massimo vertice provinciale di cosa nostra per il territorio di Enna”.

C’è, poi, un paragrafo del comunicato stampa, che i carabinieri hanno chiamato “Le indagini sulla consorteria licatese”.

“In ragione delle citate risultanze investigative, veniva ampliato il monitoraggio tecnico di Giovanni Lauria e dei soggetti agrigentini protagonisti delle dinamiche associative sopra descritte, attività questa che permetteva di individuare – si legge ancora nel comunicato stampa dell’Arma – i componenti del gruppo mafioso da questi diretto quale pericolosa articolazione di cosa nostra inquadrata nella famiglia di Licata ed autorevole punto di riferimento sul territorio agrigentino delle paritetiche espressioni di cosa nostra di altre aree della Sicilia. Ciò che ha reso ancor più evidente il potere esercitato dal gruppo mafioso capeggiato da Giovanni Lauria – secondo gli investigatori – è la dimostrata capacità di quest’ultimo di inserirsi in talune logge massoniche (lo stesso Vito Lauria, figlio di Giovanni, era all’epoca delle indagini Maestro Venerabile di una loggia con sede a Licata), avvalendosi altresì dei rapporti con Lucio Lutri, insospettabile funzionario della Regione Siciliana a sua volta al tempo Maestro Venerabile di loggia massonica con sede a Palermo, il quale ha sistematicamente messo a disposizione della consorteria mafiosa la privilegiata rete di rapporti intrattenuti con altri massoni professionisti ed esponenti delle istituzioni”.

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